mercoledì 24 febbraio 2010

LUCA DE GASPARI - La ricchezza dei poveri: volti, movimenti e passioni dei personaggi di Ermanno Olmi

LUCA DE GASPARI

Residente a Crocetta del Montello

E-mail: scesodallacroce@gmail.com


CORSO DI LAUREA IN DISCIPLINE DELL'ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO



FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

PRESSO UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA



TESI:


LA RICCHEZZA DEI POVERI.

Volti, movimenti e passioni dei personaggi di Ermanno Olmi.

Relatore: Ch.mo Prof. Mirco Melanco


INTRODUZIONE

CAPITOLO 1: Ermanno Olmi

CAPITOLO 2: La ricchezza dei poveri:

2.1 Su e giù per le montagne

2.2 Alienati e innamorati

2.3 Angeli sporchi nella città

2.4 Dipingere un mondo

2.5 Sotto la patina dell’apparenza

2.6 Tra storia e fantasia

2.7 Centochiodi


CONCLUSIONE

ALBUM FOTOGRAFICO

BIBLIOGRAFIA

FILMOGRAFIA

Anno Accademico

2007/2008

Contatti

3408348611

scesodallacroce@gmail.com


LA RICCHEZZA DEI POVERI


Guardare un uomo e accorgersi che dietro al suo volto, ai suoi occhi, c'è una vita e c'è una storia, fatta di incontri, di esperienze, costellata di persone e cose, colorata da da gioie e dolori. Guardare un uomo e accorgersi che dietro c'è tutto un mondo di passioni, di credenze, di paure. Guardare un uomo e accorgersi che in quel momento anche lui ci sta guardando e sta lentamente esaminando le rughe sul nostro volto, i capelli bianchi che abbiamo in testa e piano piano rendersi conto che tutto nasce e vive da uno sguardo, e con esso si perde e si dimentica.
Pensare a quella storia e avere voglia di raccontarla, di sussurrarla, con umiltà oppure di urlarla al mondo perché tutti ne possano conoscere i luoghi, le immagini, i personaggi.
Ecco che allora si è inventato il cinema, ineguagliabile fucina di ricordi, veri o immaginari che siano non ha importanza, ottenuti per immagini e per immagini proposti. Una fabbrica capace di racchiudere in poche ore delle intere vite, espresse attraverso un volto, un gesto, una frase e di far si che non svaniscano mai più. Ma quando, come per magia, ritornano ad essere proiettate, allora ecco che un fiume di emozioni, e appunto di ricordi, ci investe di colpo e ci blocca li, immobili nella scomoda poltroncina di un cinema, ad ammirarla in tutti i suoi giochi di storie e di vite, incapaci di intervenire, incapaci di scappare.

Il mondo cinematografico di Ermanno Olmi è tutto volto a mettere in evidenza personaggi ripresi dalla vita reale e appartenenti al mondo del proletariato esteso sia al movimento operaio che alla società contadina. Impegnato nel dare spazio alle emozioni dei soggetti inquadrati dalla macchina da presa il regista si distingue, nei film come nei documentari, per la costante attenzione alle sofferenze umane. Il suo uso del mezzo cinematografico è posto al servizio dei volti, le cui espressioni rivelano il mondo circostante, dei gesti, come l’uso delle mani per lavorare la terra o per dar vita a oggetti semplici ma preziosi come un paio di zoccoli, ma anche al servizio dei valori e dei paesaggi le cui manifestazioni sono dimostrazioni altrettanto profonde delle non sempre felici condizioni di vita degli uomini. Il regista mette sullo schermo la voce delle immagini e dei grandi silenzi, ritrae la semplicità della vita, interroga l’uomo e lo smaschera, mostrandone l’alienazione e i limiti. Quando si discosta dal descrivere il modesto e duro mondo della sua giovinezza dove gli uomini arrancano per riuscire a sopravvivere in un paese, quello del secondo dopoguerra, che si deve reinventare egli sceglie di narrare mondi lontani scavando ora nella fantasia, ora nella storia e ci riesce trasformando i luoghi dell’immaginazione in illusioni che paiono più che reali: un lago diventa magicamente un oceano e la banale stanza di casa in un caffè di Parigi. La concretezza è dunque un tratto caratteristico di questo regista e poeta dell’immagine in grado di rendere visibili e certi i pensieri e che, molto spesso, ricorre ad attori non professionisti. Li indaga nel loro quotidiano come un pedinatore zelante, curioso, ostinato, mai ossessivo. Olmi è in grado di restituire allo spettatore storie la cui dolce dignità giunge dritta al cuore. Accanto a guerrieri, santi e bevitori il regista di origini bergamasche si rivolge con sguardo attento e appassionato all’emarginato urbano, eroe perdente perché sconfitto in anticipo, fagocitato dal ritmo di metropoli in costante trasformazione e disattente a non calpestare i diritti degli individui più deboli, inglobati nei meccanismi del vivere moderno, di un sociale sempre più aggressivo e intollerante verso chi non sa far parte del sistema.

La ricchezza dei poveri” è uno status cui Olmi arriva negli anni, non è la determinazione di un particolare aspetto sociale, non è la rappresentazione della classe che nell’umiltà trova un ampio riconoscimento, ma è piuttosto una liturgia laica che si appropria dei fluidi naturali della vita per divenire realtà, rappresentazione, gioia di essere, forza nell’affrontare le difficoltà, di godere di piccoli accadimenti naturali, quanto grandiosi nel loro rituale manifestarsi. La tesi si propone di documentare perché il Maestro Ermanno Olmi sia un autore fondamentale per la storia del cinema del XX secolo non solo italiano ma internazionale. Il suo stile vellutato consiste in piccoli tocchi che seducono lo spettatore e che nel contempo lo fanno entrare in scenari del pensiero e della ragione altrove incompiuti.

CLAUDIA CAMPARI - La fotografia di Ugo Mulas tra cronaca e pubblicità

CAMPARI CLAUDIA

Nata il 02/11/1985

Residente in Via V.Bernardi, 47 Poggiana di Riese Pio X (TV)

e-mail: claudia.campari.0@alice.it


FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

PRESSO UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA


TESI:

LA FOTOGRAFIA DI UGO MULAS TRA CRONACA E PUBBLICITA’

Relatore: Professor. Carlo Alberto Zotti Minici


INDICE


1 . INTRODUZIONE


2 . BIBLIOGRAFIA


1954

1956

1958

1960

1962

1964

1966

1968

1970

1972

3 . ATTESE DI LUCIO FONTANA

4 . VIAGGIO NEGLI U.S.A.


L’incontro con Duchamp

Jasper Johs

Linchstein

Oldenberg

Stella e Poons

Rauschenberg

Warhol

5 . VERIFICHE

Omaggio e Niepce. 1971

L’operazione fotografica. Autoritratto per Lee Friedlander. 1971

Il tempo fotografico. A Jannis Kounellis. 1969

L’uso della fotografia. Ai fratelli Alinari. 1971

L’ingrandimento. Il cielo per Ninì. 1972

L’ingrandimento. Dalla mia finestra ricordando l afinestra di Gras. 1972

Una mano sviluppa, l’altra fissa. A Sir John Friederick William Herschel. 1970-72

Gli Obiettivi. A Davide Mosconi, fotografo. 1972

Il sole, il diaframma, il tempo di prova. 1971-72

Decima verifica.

L’ottica e lo spazio. A Arnaldo Pomodoro. 1972

La didascalia. A Man Ray. 1970-72

Autoritratto con Ninì. 1972

L’ultima verifica. Per Marcel Duchamp. 1970


6 . CONCLUSIONI


7 . BIBLIOGRAFIA

Abstract

La storia della fotografia non è la serie di scoperte tecniche, bensì di scelte espressive.

Con questa frase si potrebbe descrivere l’operato di Ugo Mulas. Infatti, lui si dedica a documentare l’arte in modo diverso dal solito: fotografa la Scena dell’Arte, il mondo che circonda l’opera, senza i quali l’opera non ha ragione di esistere.

Fin dai primi lavori alle Biennali, cominciati nel 1954 e potratti fino al 1972, riconosciamo l avolontà di Mulas di indagare quel mondo che gli si era aperto davanti fra i tavolini del Bar Giamaica, presso l’Accademia di Brera a Milano.

Già allora gli artisti facevano a gara per farsi fotografare dai pochi fotografi che circolavano tra le sale espositive, in più Mulas cercava di documentare quegli attimi che i semplici visitatori non potevano vedere.

Gli attimi che precedevano gli allestimenti delle sale, gli artisti che trasportavano le loro opere, che si riunivano e si consigliavano coi propri collezionisti e critici, che festeggiavano ai tavolini del bar, che aspettavano la proclamazione del vincitore.

Per Mulas il modo di lavorare migliore era quello di realizzare delle sequenze fotografiche in cui, scatto dopo scatt, riusciva a cogliere tutti i gesti e le espressioni degli artisti.

Attraverso le sequenze riuscì a documentare il modo di lavorare di ogni artista e così possiamo leggere tutte le differenze che intercorrono fra vari artisti.

Le sequenze più significative, del suo viaggio negli Stati Uniti, sono quelle di Stella e di Poons del 1964.

In queste fotografie Mulas coglie le differenze più sostanziali, infatti per Stella realizza un fotoreportage molto più statico, posato e ben calibrato per sottolineare la sua propensione ad un lavoro metodico, itterato dove per 8 ore continuava a ripetere incessantemente gli stessi gesti. Per Poons invece realizza un reportage molto più dinamico in linea col suo modo di operare, infatti l’artista si spostava continuamente, si avvicinava e allontanava dalla tela per avere contemporaneamente una visione d’insieme e un dettaglio dell’opera.

Altra sequenza molto importante e significativa è quella delle “Attese” di Lucio Fontana, nella quale traspare tutta l’attesa che precede il gesto del taglio.

Mulas coglie ogni singolo attimo, ogni singolo fremito della mano che tiene il taglierino e che si avvicina alla tela.

Il rapporto molto intimo tra i due artisti permette a Mulas di cogliere l’intenzione vera e propria dell’artista.

Mulas ha sempre voluto distinguersi dall’operato di altri fotografi che prediligevano l’attimo irrepetibile atteso per ore ed ore, perchè per Mulas il fotografo non è un ladro di immagini e se per poter scendere nelle strade il fotografo deve documentare la norma, lo svolgersi del reale.

Solo quando fotografò Jaspe Jonhs nel 1964, Mulas si rese conto di quanto potesse essere ambigua la fotografia. Infatti fotografò l’artista nel momento in cui stava dipingendo e nello scatto venne fermata anche l’ombra dell’artista mentre teneva il pennello.

Quest’immagine fece pensare Mulas, capì che così facendo oltrepassava il limite poichè in quello scatto la fotografia diveniva pubblicità dell’artista e delle sue opere.

SILVIA GAZZOLA - La cortesia nella corrispondenza commerciale

SILVIA GAZZOLA

Nata il 23/04/1981

Residente in Via del Redentore 11, Altivole (TV)

e-mail: sgazzola81@alice.it

LAUREA SPECIALISTICA

IN LINGUE STRANIERE PER LA COMUNICAZIONE INTERNAZIONALE



FACOLTA’ DI LETTERE E FILOFIA E SCIENZE POLITICHE

PRESSO UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA


TESI:

LA CORTESIA NELLA CORRISPONDENZA COMMERCIALE


Relatore: Prof.ssa Federica Masiero



Anno accademico 2008-2009



INDICE


  1. La lingua dell’economia come lingua speciale

    1. Le lingue speciali: classificazione

    2. La lingua dell’economia

    3. La corrispondenza commerciale

      1. Le lettere commerciali

      2. La corrispondenza commerciale via e-mail


  1. Il concetto di cortesia

    1. Origine e definizione

    2. La cortesia verbale

    3. La “Logica della cortesia” di Lakoff

    4. Il modello di Brown e Levinson

    5. Il Principio di Cortesia di Leech


  1. La cortesia nell’ambito commerciale

    1. La cortesia come strategia

    2. La cortesia è importante per la sopravvivenza dell’azienda

    3. La cortesia nella comunicazione commerciale

      1. La cortesia nella corrispondenza commerciale

      2. La cortesia nelle varie situazioni comunicative


  1. Analisi di lettere commerciali

    1. Richiesta di nominativi ed indirizzi

    2. Richiesta

    3. Offerta

    4. Ordine

    5. Conferma d’ordine

    6. Richiesta di informazione creditizia

    7. Avviso di spedizione e fattura

    8. Problemi di consegna o consegna difettosa: il cliente al fornitore

    9. Problemi di consegna o consegna difettosa: il fornitore al cliente

    10. Problemi di pagamento


Abstract

Nella mia tesi ho voluto approfondire ed esaminare il ruolo della cortesia nella corrispondenza commerciale. Dopo aver illustrato le peculiarità del linguaggio economico, le varie teorie linguistiche sulla cortesia e l’importanza di questo fenomeno nella comunicazione commerciale, ho analizzato un corpus di lettere (in lingua tedesca) con il fine di rilevare le caratteristiche funzionali e linguistiche di ciascun tipo di lettera, le strategie di cortesia utilizzate e il livello di creatività e positività delle formulazioni.

E’ fondamentale precisare che l’autentica cortesia va ben oltre l’etichetta. Quest’ultima rappresenta infatti un insieme di regole codificate, ovvero costituisce un comportamento esterno, mentre la cortesia, pur essendo anch’essa osservata come manifestazione esterna, esteriore addirittura, nasce dalla gentilezza di spirito, da un atteggiamento essenzialmente positivo e benevolo verso gli altri esseri umani. Ecco perché la cortesia nella comunicazione commerciale non può e non deve limitarsi all’uso di frasi fatte che vengono imparate a memoria secondo schemi prestabiliti: uno stile personale e vivace costituisce una forma di cortesia, mentre uno stile convenzionale si avvicina maggiormente al concetto di etichetta.

Se è vero che la corrispondenza commerciale, configurandosi come uno scambio relazionale più che transazionale, non può prescindere dalla cortesia, è altrettanto vero che nel corpus analizzato sembra essere rispecchiata soprattutto la sua componente esteriore anziché quella interiore: ciò si deve sia alla prevalenza di uno stile convenzionale sia alla constatazione che essa non trova adeguata espressione in tutti i modelli di lettere. Il fatto che il modello più soddisfacente sia quello dell’offerta avvalora la considerazione della cortesia come strategia per conquistare il cliente, ma, affinché essa non venga smascherata come tale, è necessario manifestarla in tutte le occasioni di corrispondenza.

La cortesia, essendo la base dell’efficacia e della qualità dei rapporti umani e sociali, risulta essenziale per la sopravvivenza di un’impresa. Al giorno d’oggi sembra che la capacità di comportarsi in modo cortese abbia un peso persino maggiore delle abilità tecniche, in quanto in una società tecnologicamente avanzata aumenta il bisogno di sensibilità e di una componente personale: indipendentemente dalla capacità e precisione delle moderne tecnologie, si deve pur sempre interagire con le persone.

La cortesia rientra dunque nell’ambito delle cosiddette soft skills, espressione con cui si intende un’ampia sfera di capacità relazionali e comportamentali ormai indispensabili per potersi inserire con successo nella vita lavorativa. A questo proposito è importante evidenziare che la cortesia costituisce una forma di intelligenza, definita intelligenza emotiva: in assenza di essa, anche l’intelletto, vale a dire l’intelligenza razionale, non può funzionare al meglio. Daniel Goleman, autore del libro Emotional Intelligence (1995), dichiara addirittura che la mancanza dell’abilità sociale può portare un individuo intellettualmente brillante a colare a picco nelle sue relazioni, rivelandosi arrogante, antipatico o insensibile: l’autocontrollo e l’empatia sono le competenze sociali che contribuiscono all’efficacia dell’individuo nel trattare con gli altri, consentendogli di plasmare un’interazione, di persuadere e influenzare l’ascoltatore. Al contrario della riflessione strettamente razionale e utilitaristica, per la quale sono efficaci brevi comunicazioni, la cortesia è una strategia che si basa in un certo qual modo sulla ridondanza e richiede quindi un maggiore dispendio comunicativo e interattivo; tuttavia si può affermare che essa è economica in quanto si tratta di una “deviazione” che permette ad un’azienda di raggiungere uno scopo o conquistare un cliente più velocemente e in maniera duratura, assicurandosi così vantaggi a lungo termine.


DAMIANO TOSCAN - Rappresentazione digitale del Complesso Monumentale Brion

DAMIANO TOSCAN

Nato il 07/12/1980


Residente a Cavaso del Tomba (TV) Via Luigi Stefanin 11

e-mail: damianotoscan@gmail.com


Master in Architettura Virtuale presso Istituto Quasar Design University di Roma


Rappresentazione digitale del Complesso Monumentale Brion


ABSTRACT



Come sarebbe stato il progetto del verde di Tomba Brion voluto da Carlo Scarpa?

In che modo il degrado dei materiali può agire sull’opera dell’Architetto veneziano?

Un intervento di restauro che tipo di esiti potrebbe dare alle opere murarie?

E ancora: in che modo un tour virtuale dell’intero complesso Brion, che ne permetta l’esplorazione in tempo reale di ogni minima parte, può contribuire alla divulgazione di una delle opere di Architettura più visitate de XX secolo?


Attraverso le attuali tecnologie della computer grafica, mutuate dal mondo del cinema e del videogame, il progetto di Rappresentazione digitale del Complesso Monumentale Brion intende dimostrare come queste tecniche possano essere d’ausilio al mondo dell’architettura.

Si tratti di pre-visualizzazione di progetti di restauro, di studi sull’impatto ambientale causato da manufatti architettonici, della realizzazione virtuale di opere mai edificate o non più esistenti, oppure di tour virtuali di opere di architettura da utilizzare per lo studio o per la divulgazione didattica.


Nello specifico il lavoro di Rappresentazione digitale del Complesso Monumentale Brion si sviluppa nelle seguenti fasi:

  • Modellazione 3D dell’intero complesso su base del rilievo fatto tra il 1998 e il 2000 dall’Univesità IUAV di Venezia.

  • Rilievo fotografico di tutte le superfici per acquisire le texture e normal maps da applicare al modello.

  • Studio dell’illuminazione nelle varie fasi della giornata, degli esterni del complesso e degli interni della cappella.

  • Studio della vegetazione e successiva riproduzione attraverso software generatori di botanica digitale.

  • Composizione e calcolo di scene statiche

  • Story boarding, calcolo e montaggio di scene animate e adeguatamente composte per la visualizzazione real time.


Attualmente sono concluse le fasi di modellazione, texturing, illuminazione e resa fotorealistica di immagini statiche. Manca la componente di animazione ed editing realtime.

DAVIDE STONA - Dentro i segni del paesaggio, tra ciò che affiora e l'invisibile, l'altavia TV1 nel versante del Grappa.

PRO.TESI



DAVIDE STONA


Nato il 12/01/1981


Residente in Via s.Martino n.32, Asolo 31011 (TV)


e-mail: davide.stona@libero.it


FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

PRESSO L’ISTITUTO UNIVERSITARIO DI ARCHITETTURA DI VENEZIA (IUAV)




TESI:


Dentro i segni del paesaggio, tra ciò che affiora e l'invisibile, l'altavia TV1 nel versante del Grappa.

Un progetto di reinterpretazione di percorsi e delle economie tradizionali per la tutela e lo sviluppo della montagna

Relatore: Professor. VIRGINIO BETTINI


INDICE


Capitolo 1

1.1 obiettivi dello studio

1.2 inquadramento storico-geografico dell'area

1.3 cos'è la TV1

1.4 gli elementi del paesaggio


Capitolo 2

2.1 premessa

2.2 turismo storico sul Grappa

2.3 caratteristiche del turismo escursionistico in una dimensione di sostenibilità


Capitolo3

3.1 basi teoriche e metodologiche

3.2 definizione di paesaggio, phisical e cultural landscape

3.3 origini complessità ambientale

3.4 l'ecologia del paesaggio, il suo valore di analisi

3.5 strutture

3.6 teoria metapopolazione

3.7 processi

3.8 olismo

3.9 indici

3.10 teoria percolazione

3.11 indici BTC


Capitolo 4

4.1 geosfera:

-geomorfologia del paesaggio

-le unità di paesaggio

-i tipi di suolo

-clima e precipitazioni medie

4.2 biosfera:

-la vegetazione

-grandi mammiferi e uccelli

4.3 noosfera:

-trasformazioni dell'uso del suolo dal 1868 al 2008

-indagine sui malghesi


Capitolo 5

5.1 l'esito del sondaggio

5.2 stato attuale delle aziende

5.3 prospettive per il futuro

5.4 evoluzione del paesaggio culturale

prospettive per lo sviluppo del Grappa:

5.5 introduzione alle tematiche di progetto

5.6 effetti dell'abbandono delle attività produttive tradizionali sulla diversità della vegetazione e sui biotopi

5.7 opinione dei malghesi sulla qualità del paesaggio culturale e le sue trasformazioni negli ultimi 20 anni.

5.8 effetti socio-economici dell'abbandono

5.9 attuale persistenza del carattere culturale nel paesaggio

5.10 il modello della wilderness applicato a un territorio caratterizzato da una forte storia nell'uso del suolo

5.11 condizioni politiche di base

5.12 azioni programmatiche di sviluppo

5.13 agire, l'area sommitale

5.14 non agire, l'area montana


Appendice

sintesi del convegno “le nostre montagne tra paesaggio culturale e naturale”

analogie e differenze con la Valgrande e Val Strona



Abstract

Questo lavoro di tesi prevede l’applicazione delle metodologie di Landscape Ecology al paesaggio del Massiccio del Grappa. Come punto iniziale sarà importante riflettere sulla concezione di paesaggio prendendo spunto da quanto è stato definito dalla Convenzione Europea: “Landscape” means an area, as perceived by people, whole character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors. Il paesaggio inteso non come una bellezza naturale o legata strettamente alle attività antropiche ma come una complessa entità percepita ed interpretata a differenti livelli da tutti gli esseri viventi che l'abitano. E' inoltre un'interfaccia semiotica tra le risorse presenti e gli organismi, i quali ne usufruiscono attraverso le proprie funzioni. Il paesaggio, quindi, si configura come un'entità frutto di processi legati non solo a caratteristiche puramente geografiche, biologiche ed ecosistemiche ma anche alle relazioni e interazioni che si instaurano con gli organismi quando ricavano da questo le risorse per il loro sostentamento. Questo comporta da parte di tutti gli esseri viventi, e soprattutto per uomo, la capacità di percepire determinate configurazioni spaziali come aree portatrici di significato per la localizzazione delle funzioni finalizzate all'intercettazione delle risorse. Una percezione che comporta un'interpretazione dei segni nell'area e l'apprendimento degli usi legati alle funzioni, quindi alla formazione di una cultura legata al territorio. Quest'area è stata scelta a causa dello stato di indeterminatezza nel quale si trova, legata unicamente al ricordo traumatico degli eventi bellici della prima e seconda guerra mondiale, dove le economie agricole e silvo-pastorali vanno scomparendo e con esse la cultura popolare e i prodotti tipici ad esse legati. Il territorio in questione sarà indagato attraverso un approccio olistico, individuando ed analizzando le differenti componenti che generano il paesaggio. E’ basilare, quindi, appurare il grado di complessità ambientale e le relazioni spazio-temporali nelle quali l’essere umano, nel suo agire, occupa un ruolo determinante nel modificare l’assetto e l’equilibrio del paesaggio. Ma la cosa principale sarà capire qual'è la percezione che la popolazione ha del paesaggio che abita, o che ha abitato fino a poco tempo fa. Capire se riescono a vedere ancora delle risorse e cosa si possono aspettare nel futuro da quest'area. Capire come si muovono le istituzioni e i portatori di interessi e che prospettive hanno per il territorio. L'obbiettivo finale è dunque quello di proporre un modello di sviluppo sostenibile partendo da riflessioni basate sull'emergenza di nuove risorse, le criticità, le potenzialità, gli elementi impattanti riscontrati e coinvolgendo direttamente la popolazione e le istituzioni con un'indagine che faccia emergere le aspettative e l’immagine che esse hanno del paesaggio che le appartiene. Il lavoro di tesi si articolerà seguendo questi temi, fondamentali per poter affrontare il caso di studio in modo corretto e appropriato. Una presentazione nella quale viene effettuato un inquadramento storico e geografico dell’area, sarà descritto nel dettaglio il percorso, gli obiettivi dello studio e gli elementi del paesaggio. Saranno in seguito analizzate le potenzialità date dal turismo escursionistico come elemento capace di conferire un valore aggiunto a un progetto di sostenibilità della montagna. Saranno rese esplicite le basi teoriche e metodologiche riguardanti le tematiche della landscape ecology, in particolare sarà affrontato il significato dell’ecologia del paesaggio nel suo valore di analisi, le origini della materia stessa e i campi specifici di applicazione. Saranno oggetto di esame gli elementi che compongono il paesaggio appartenenti alle categorie della geosfera, biosfera e noosfera, con il fine di definire in modo unitario le caratteristiche e i processi che lo generano. In particolare saranno esaminati, per quel che riguarda la geosfera: i lineamenti geomorfologici, la pedologia, le tipologie di terreno, il clima e le precipitazioni. Verrà effettuata una classificazione gerarchica del territorio e verrà dato un quadro della vegetazione potenziale ed esistente. Tramite le mappe catastali verranno valutate le trasformazioni delle reti di collegamento e dell’edificato. Saranno esaminate le tipologie insediative soprattutto quelle legate alle economie tradizionali che da secoli hanno contribuito a generare, con la loro azione in questi luoghi l’immagine attuale del paesaggio e capire, inoltre, quali sono le problematiche attuali e verso quali scenari si stanno orientando. Verrà effettuata un'indagine sulla popolazione tramite un questionario e saranno intervistati gli amministratori locali. In seguito, una volta ottenute ed elaborate le informazioni, si provvederà a determinare un quadro degli interventi e delle strategie da applicare al territorio in conformità con quanto appurato precedentemente

ANDREA REGOSA - Asolo 2050: un futuro possibile

REGOSA ANDREA

Residente in Via Malombra 73, 31011 Asolo (TV)

www.andrearegosa.it

e-mail: info@andrearegosa.it

LAUREA SPECIALISTICA IN ARCHITETTUR APER LE CITTA’


FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

PRESSO L’ISTITUTO UNIVERSITARIO DI ARCHITETTURA DI VENEZIA (IUAV)


TESI:

ASOLO 2050: UN FUTURO POSSIBILE

Relatore: Professor. Alberto Cecchetto

INDICE


1 . ASOLO 2050: UN FUTURO POSSIBILE

Introduzione


2 . ASOLO 2009

2.1 Asolo nella storia

2.1.1 Cronostoria

2.1.2 Sviluppo delle frazioni

2.1.3 Asolo 2009

2.2 Asolo ed il territorio

2.2.1 Il contesto intercomunale

2.2.2 Il comune

2.2.3 La popolazione

2.2.4 I modelli insediativi

2.3 Sitema viabilistico

2.3.1 Viabilità principale

2.3.2 Viabilità locale

2.3.3 Trasporti collettivi

2.3.4 Parcheggi

2.3.5 Il sistema dei percorsi ciclo-pedonali

2.4 Sistema economico

2.4.1 L’agricoltura

2.4.2 L’industria

2.4.3 I servizi

2.4.4 Il turismo

2.5 Aspetti ambientali

2.5.1 Il suolo e le altimetrie

2.5.2 Sistema idrografico

2.5.3 Sistema verde

2.5.3.1 La siepe di campagna


3 . ASOLO 2050

3.1 Quali prospettive

3.2 Parole d’ordine

3.2.1 Qualità

3.2.2 Capacità

3.2.3 Efficienza

3.3 I punti base

3.3.1 La popolazione

3.3.2 Le nuove vie di comunicazione

3.3.3 L’infrastruttura verde

3.3.4 I servizi

3.3.5 I nuovi equilibri

3.3.6 Green and Local

3.3.7 Opportunità e cambiamenti nel settore economico

3.4 Uno scenario possibile, il caso di Casella

3.4.1 La nuova porta per il territorio

3.4.2 Una tessera del puzzle

3.4.3 Infrastrutture sinergiche

3.4.4 Il “verde” come base

3.4.5 Un nuovo modo di (co)abitare

3.4.6 Ri-scoprire

3.4.7 Ri-generare

3.4.8 Ri-utilizzare

3.4.9 Asolo


4 . CONCLUSIONI


5 . BIBLIOGRAFIA

Abstract

Come evolverà il territorio dell'alta marca trevigiana nei prossimi quarant'anni? Quali saranno i fattori caratterizzanti di questo sviluppo? Lo sviluppo sarà caratterizzato da principi quali la rigenerazione degli spazi pubblici, l'alta efficienza energetica, la capacità di fare rete tra i vari nuclei urbani del territorio? Queste sono alcune delle domande fondative della mia tesi, lavoro che tramite la costruzione di uno scenario per un futuro possibile per il territorio di Asolo ha inteso tracciare delle linee guida su quello che potrebbe essere uno sviluppo più attento da un lato a ricreare un tessuto sociale ad oggi sfrangiato e quasi totalmente assente e dall'altro teso a proporre delle soluzioni di sviluppo eco-compatibili e che riescano ad inserirsi “pacatamente” nel paesaggio.

La scelta del sito è frutto di un analisi a scala territoriale che ha interessato tutto l'arco infrastrutturale della strada statale 248 Marosticana. Possiamo dire che ormai lungo questo asse viario è andata consolidandosi un unica grande “ proto-città lineare” di circa trenta chilometri che si estende da Montebelluna ad est e Bassano del Grappa ad ovest, insieme urbano però che si è costituito senza un disegno complessivo e delle logiche di espansione a scala territoriale, ciò a comportato, tra le altre cose una localizzazione dei servizi molto disomogenea con due principali poli costituite dalle cittadine agli estremi dell'asse e con un netto deficit all'interno del tessuto meno denso costituito da tutti gli altri aglomerati come ad esempio Asolo, Onè di Fonte o Maser. All'interno di questa situazione eterogenea Asolo si pone, anche grazie alla sua posizione baricentrica all'interno del territorio, come un ideale punto di riferimento per i comuni limitrofi. Inoltre anche assumendo come certa la costruzione dell'autostrada Pedemontana Veneta Asolo potrà candidarsi a diventare una vera e propria porta per il territorio, andando a fungere da punto di riferimento per tutto il comparto turistico dell'arco pedemontano e anche come polo di sevizi di riferimento per tutte quelle aziende che sono ad oggi presenti nel territorio.

Altro punto fondamentale di questa tesi è la proposta di alcune metodologie di intervento nel tessuto urbano esistente. Preso atto della situazione edificatoria esistente, delle forme urbane attuali propongo tre tipologie di intervento. La prima si basa sulla riscoperta di quelle parti di territorio, che anche se poste in posizione baricentriche rispetto ai nuclei edificati risultato impermeabili alla popolazione o costituiscono dei “terreni morti” per quanto riguarda sia l'uso pubblico che quello produttivo. In queste porzioni di territorio intendo proporre una nuova edificazione che faccia fronte alle previsioni di crescita della popolazione futura, proponendo un modello insediativo che si basi su concetti di condivisione degli spazzi pubblici, dell'autosufficienza energetica e della micro produzione alimentare. Una seconda metodologia consistente nel rigenerare il tessuto edificato esistente: intervenire sugli edifici cercando di renderli autonomi dal punto di vista energetico e intervenendo ad una scala più grande sul composizione funzionale dei quartieri, ad oggi espressione di un un forte monofunzionalismo. Un ultima metodologia di intervento consiste nel riutilizzare gli edifici industriali dismessi o ad oggi inutilizzati. Il procedimento di intervento consiste nel mantenere la struttura portante di questi grandi edifici andando poi a inserire nella maglia costruttiva delle celle, come in un grande alveare, polifunzionali in grado di creare delle situazione urbane caratterizzate da un alto mix funzionale.


ALESSANDRA FLORIAN - Ragazzi e ragazzi al lavoro: riflessioni e ricerche nel mondo e in Italia

ALESSANDRA FLORIAN

Nata il 30/06/1983

Residente in via Via Montegrappa 22/2, 31030, Altivole (TV)

e-mail: flo2002it@yahoo.it


CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN SCIENZE SOCIOLOGICHE


FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE PRESSO L’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA


TESI:

RAGAZZI E RAGAZZI AL LAVORO.

RIFLESSIONI E RICERCHE NEL MONDO E IN ITALIA

Docente relatore: Ch.mo Prof. Valerio Belotti

INDICE


Introduzione

1 . LE NORME GIURIDICHE SUL LAVORO MINORILE

1.1 Il lavoro minorile: soggetti coinvolti

1.2 La disciplina sul lavoro minorile

1.3 Le forme di lavoro minorile che le leggi tendono ad eliminare


2 . IL LAVORO DEI RAGAZZI NEL MONDO

2.1 Definizione di lavoro dei ragazzi e quantificazione del fenomeno

2.2 Il lavoro leggero: il child work

2.3 Ai ragazzi i lavori peggiori: il child labour

2.4 Le cause del fenomeno

2.5 Favorevoli e contrari sul lavoro delle ragazze e dei ragazzi

    1. L’approccio abolizionista o idealista

L’approccio pragmatico o realista

L’approccio della valorizzazione critica


3 . ESISTE IL LAVORO DEI RAGAZZI IN ITALIA?

3.1 Descrizione del fenomeno e cause a livello nazionale

3.2 Localizzazione del fenomeno

3.3 ISTAT vs Sindacati. La lotta all’ultimo dato sul lavoro minorile.

4 . CONCLUSIONI


Bibliografia



Abstract



A livello internazionale si riscontrano molte convenzioni emanate dall’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) nella quale si cerca di dare una regolazione mirata in materia e contro l’utilizzo e lo sfruttamento dei minori: n° 5/1919 età minima per l’impiego dei minori nell’industria, n° 138/73 età minima di impiego del minore,n° 182/99 forme peggiori di lavoro minorile.. Già a partire dal 1967, in Italia, la legge 977, tutelava il lavoro minorile dei bambini e degli adolescenti. In oltre, anche la nostra Costituzione tutela il lavoro dei ragazzi, l’articolo 37 Cost., comma 3 dice che La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. Garantisce un’efficacia protezione fisica e morale del ragazzo, assicurandogli un’adeguata preparazione, generica e specifica, secondo l’esigenza del processo tecnologico. Si mira a eliminare le seguenti forme di lavoro minorile:

  • Lavoro domestico;

  • Lavoro forzato, in forma di schiavitù

  • Sfruttamento sessuale a fini commerciali

  • Lavoro nelle industrie e nelle piantagioni

  • Lavoro di strada

  • Lavoro in famiglia

  • Lavoro delle bambine.

Grazie alla Global March (1998) campagna per attivare percorsi di proibizione del lavoro precoce, grazie alle legislazioni internazionali, che ha portato alla formazione della Convenzione OIL n 182/99. Si riscontra che il fenomeno si localizza nei paesi in via di sviluppo. Si assiste alla distinzione di due diverse forme di lavoro minorile, il child work e il child labour. Il primo mira a responsabilizzare e ad educare il ragazzo mediante lavori utili per la sua crescita, in attività familiari o all’interno della famiglia stessa. Il secondo è la forma più grave di lavoro minorile dove il giovane viene sfruttato e gli viene negato il diritto di studio e all’opportunità di raggiungere un pieno sviluppo psico-fisico.

Il fenomeno si localizza specialmente nei paesi in via di sviluppo, il quale viene svolto per motivi di bisogno economico e per il sostentamento alla famiglia. Nei paesi poverissimi si lavora in condizioni di pericolosità e le leggi sull’educazione sono insufficienti. Per i paesi industrializzati si lavora per soddisfacimento di proprie necessità con lo svolgimento di attività leggere e lavori part-time o in aiuto.

Durante la mia ricerca mi sono imbattuta in tre approcci nei quali si evidenziano i favorevoli e i contrari al lavoro minorile.

L’approccio abolizionista mette in evidenza che il lavoro minorile deve essere eliminato a favore della scolarizzazione dei ragazzi. Il secondo approccio pragmatico o realistico sottolinea che il fenomeno non sia possibile eliminarlo in assoluto, ma punta ad un miglioramento delle condizioni in cui il lavoro viene svolto. Si rivaluta il lavoro dei ragazzi nei pvs, contrastando che la legislazione sul lavoro minorile non provochi la diminuzione del lavoro adolescenziale o dei miglioramenti nel lavoro, e condanna lo sfruttamento di tali minori. L’approccio della valorizzazione critica nasce dalla convergenza di due correnti: una maturità sul piano accademico, e l’altra frutto della pluriennale esperienza di progetti ed interventi non convenzionali sul tema. Si evidenzia la dicotomia buono – brutto caratteristico dei precedenti approcci. I promotori di questo approccio sono le organizzazioni dei bambini lavoratori: Nats e Ejt.

In Italia, la legge 977/67 mette in chiaro che il lavoro al di sotto del 15° anno di età è illegale per la salute del ragazzo e per la sua formazione. Il lavoro viene suddiviso per genere; le ragazze spettano le attività di riproduzione, ai ragazzi attività presso terzi. Questo mira a non condizionare la frequenza scolastica, e la salute del ragazzo. In alcune parti d’Italia vi è l’antagonismo scuola-lavoro

La localizzazione del fenomeno è difficile, si pensa sia scomparso, ma si localizza prevalentemente nel sud Italia, nelle periferie delle grandi città e nelle strade. In questi posti si evade l’obbligo scolastico per incrementare il reddito familiare.

Dalla mia ricerca ho riscontrato delle incongruenze tra i dati Istat (Bambini, lavori e lavoretti. 2002) contro i dati dei sindacati. C’è una discordanza di 50-100 mila unità fino ad un massimo di 900 mila. I dati ufficiali li quantificano in 144 mila, cioè un minore su tre. I sindacati controbattono a questa ricerca dichiarando che secondo le stime di Aquilone 2000 sono 360 – 430 mila.

La differenza è di 216 – 286 mila fra le due ricerche, provocando la difficile o quasi impossibile identificazione più precisa del fenomeno. La principale difficoltà sta nella mancanza di ricerche annuali, regolari e sistematici che durano nel corso del tempo su un campione rappresentativo di popolazione e l’utilizzazione di una stessa metodologia di rilevazione.




ALESSANDRA FLORIAN - Migranti cinesi al lavoro nella Marca Trevigiana. Studio di caso nei comuni di Altivole, Asolo, Castelfranco Veneto e Montebellu

ALESSANDRA FLORIAN

Nata il 30/06/1983

Residente in via Via Montegrappa 22/2, 31030, Altivole (TV)

e-mail: flo2002it@yahoo.it

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SOCIOLOGIA

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE PRESSO L’UNIVESRITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA


TESI:

Migranti cinesi al lavoro nella Marca Trevigiana.

Studio di caso nei comuni di Altivole, Asolo, Castelfranco Veneto e Montebelluna.

Docente relatore: Ch.mo Prof. Valter Zanin


INDICE

Verso la scoperta di un nuovo mondo in Italia. Viaggio all’interno del mondo cinese.


1 . Un territorio “Cinesizzato”. Caratteristiche e dati sulla migrazione cinese

1.1 Premessa 1.2 Da quale parte della Cina, o parte del Mondo, arrivano?

1.2.1 Vedere all’interno della Muraglia cinese. Alcune nozioni generali. 1.2.2 Fuori dalla Muraglia. I cinesi sul territorio nazionale, quando sono arrivati e la loro evoluzione. 1.2.3 L’esplosione del fenomeno in Veneto.

1.3 I numeri del fenomeno nella Marca Trevigiana 1.3.1 Non solo cinesi, ma anche altre etnie. Una panoramica generale sulla situazione del 2008.

1.4 Un territorio con forte presenza cinese. il caso dei territori di indagine

1.4.1 Altivole

1.4.2 Castelfranco Veneto

1.4.3 Montebelluna

1.4.4 Asolo

1.5 Conclusioni

2 . Un territorio e… la presenza di cittadini dagli occhi a mandorla. Cosa dicono gli italiani su di loro. 2.1 Uno strano aneddoto. 2.2 Il pericolo giallo. L’invasione gialla. Gli orientali comprano tutto. Benvenuti a Chinatown. Tra blitz, sequestri e clandestini, cosa racconta la letteratura grigia?

2.2.1 La stampa nazionale 2.2.2 La stampa locale 2.3 Un po’ di metodo sulla ricerca. Le interviste dei testimoni privilegiati. 2.4 La visione del fenomeno dall’interno 2.4.1 I cinesi sul territorio. Ricostruzione fatta da don Francesco Pavin 2.4.2 La situazione dei cinesi ad Altivole 2.4.2.1 Il comune e i cinesi, problematiche e politiche d’integrazione 2.4.2.2 L’insediamento lavorativo. Interazione tra cinesi ed italiani. 2.4.2.3 Mi me ricordo e gò dita che xè a prima e ultima volta che vado a veder na’ ditta cinese. La questione igienica.

2.5 L’attuale crisi economica.

2.6 Per concludere.



3 . Cinesi imprenditori e lavoratori dipendenti presso italiani. Quanti sono e dove lavorano? 3.1 Un pensiero confuciano dal quale si capisce la vera forza dei cinesi e metodologia della ricerca.

3.2 Gli imprenditori di nazionalità cinese

3.2.1 In Italia 3.2.2 Nel Veneto 3.2.3 Nella provincia di Treviso

3.3 I lavoratori dipendenti cinesi nel Veneto

4. I cinesi si raccontano.

4.1 Metodologia e reclutamento del campione

4.2 A loro la parola. Le analisi delle interviste

4.2.1 I lavoratori dipendenti 4.2.2 Gli imprenditori


La fine di un viaggio alle porte di casa.

Interviste

Bibliografia


ABSTRACT

Nella mia ricerca ho analizzato i profili socioprofessionali dei migranti cinesi e le problematiche che le migrazioni cinesi sollevano all’interno del territorio dei comuni di Altivole, Asolo, Castelfranco Veneto e Montebelluna. La parte di Marca Trevigiana che questi comuni occupano vede infatti una significativa concentrazione di migranti cinesi e di piccole imprese da essi gestite. Volevo da un lato ricostruire il quadro di quanto fossero i migrati cinesi presenti in questa zona e in che tipo di attività fossero impegnati, dall’altro volevo iniziare a capire quali fossero la percezione e le reazioni a questa presenza da parte della popolazione autoctona - per lo meno a controllare se il caso di Altivole e comuni circonvicini avesse attirato l’attenzione dei media o delle istituzioni, ma volevo anche cominciare a capire che cosa pensassero i migranti cinesi presenti.

Per quanto riguarda il metodo, oltre alla consultazione della bibliografia di riferimento, esso è stato sia di tipo quantitativo sia qualitativo. Per quanto riguarda le fonti trattate con metodi quantitativi, ho fato ricorso ai dati ISTAT reperibili su internet, ma soprattutto ho fato richiesta e ho ottenuto dalla Camera di Commercio di Treviso i dati sulle imprese e gli imprenditori cinesi nel Veneto, che poi ho elaborato (tali dati contegno ad esempio informazioni sul tipo di attività svolta, la localizzazione dell’impresa e molti altri ancora e che devono essere opportunamente trattate per potere poi essere analizzate) e anche da parte degli uffici anagrafici dei comuni in cui ho svolto la ricerca. Inoltre, ho potuto accedere – tramite il mio relatore – alla banca dati di Veneto Lavoro e ho potuto elaborare informazioni relative ai lavoratori cinesi e straniero cosiddetti esordienti in veneto relativi al 2007 (specifico che per esordienti si intendono quei lavoratori peri quali in veneto non ha registrato alcun movimento di assunzione o di cessazione del rapporto del lavoro dal 1à gennaio 2000 al 2007). Ho anche raccolto tutti gli articoli apparsi sulla stampa quotidiana locale e nazionale riguardanti il caso della presenza cinese ad Altivole. Ricordo infatti che dopo la comparsa di un articolo su un quotidiano cattolico locale – La vita del popolo – del caso di Altivole è arrivato a occuparsi anche il Sole 24 ore Il Giornale e il Corriere della Sera, in quest’ultimo caso con un articolo di G.A. Stella. Che, per inciso, ha cercato anche di intervistare mia nonna. In ogni caso, i quotidiani che ho analizzato alla ricerca di articoli su questo tema sono stati La Tribuna di Treviso, il già menzionato La vita del popolo, Il Gazzettino, come quotidiani locali, e Il Corriere della sera, Il sole 24 ore e Il Giornale come quotidiani nazionali. Infine, per quanto riguarda l’approccio qualitativo, ho realizzato cinque o interviste in profondità a testimoni privilegiati, quasi tutti italiani: a un vicesindaco, a un ex sindaco, a un consulente del lavoro che lavora per ditte cinesi, e a un sacerdote cattolico che da anni stato incaricato dalla diocesi di Treviso di seguire i migranti cinesi e che ha imparato anche il cinese. Il quinto testimone privilegiato è stato un sacerdote cattolico cinese, chiamato appositamente dalla Cina che ha collaborato con primo sacerdote e ora sta parimenti seguendo i migranti cinesi. Devo dire che non ho intervistato quest’ultimo testimone privilegiato a proposito della sua esperienza molto peculiare di immigrato, perché il mio focus era centrato sui casi di immigrati cinesi inseriti come lavoratori dipendenti o come piccoli imprenditori nel tessuto produttivo locale.

Infine sono riuscita a contattare e ad intervistare 9 immigrati cinesi, di cui 6 (4 donne e 2 uomini) erano lavoratori dipendenti, e 3 (di 2 uomini e 1 donna) piccoli imprenditori. Il primo contatto è stato facilitato dal consulente del lavoro di cui parlavo prima, ma ho anche avuto la fortuna di incontrare una ragazza cinese che si è resa disponibile ad aiutarmi quando le ho spiegato che tesi di laurea stavo facendo. Devo dire che mentre con gli intervisti di seconda generazione non ho avuto problemi di comunicazione, qualche problema c’è stato con gli intervistati di prima generazione, dal momento che la barriera linguistica è molto forte per gli immigrati cinesi. In questi caso sono stata aiutata da immigrati cinesi di seconda generazione e in questi casi ho anche fatto uso di una traccia strutturata come questionario in modo da facilitare la raccolta delle informazioni.


Per quanto riguarda quel che emerso dalla ricerca, vi sono molte cose da dire. Cerco di elencarne alcune.

Innanzi tutto, per quel che riguarda la parte quantitativa, ho preso i dati dell’Istat e li ho confrontati con i dati che mi venivano forniti dalle varie anagrafi comunali. Ho riscontrato una maggior presenza di immigrati cinesi nel comune di Montebelluna, che dal 2000 al 2009 sta incrementando significativamente la sua popolazione di nazionalità cinese. Per quanto riguarda Castelfranco V.to invece la popolazione cinese è la metà rispetto a quella di Montebelluna. In Altivole la concentrazione è abbastanza rilevante, mentre è poco significativa per Asolo. Le aree di provenienza di questi immigrati cinesi sono: le province dello Zhejiang, del Fujian, dello Anhui, situate nel Sud della Cina e quelle di Liaoning, di Tianjin, e dello Shandong, situate nel Nord della Cina. Ma si nota un numero significativo di arrivi anche da altre zone d’Italia come Milano, Firenze, Prato, dove è maggiore la loro presenza, mentre nel comune di Castelfranco V.to si nota che molti arrivano anche dal Piemonte e dalla Campania. Pochi sono gli arrivi di cinesi da altri paesi europei.

Per quanto riguarda l’imprenditoria cinese è elevata, sia in Italia che nel territorio di indagine. A livello nazionale i cinesi sono presenti nel commercio al dettaglio seguito dallo storico settore dell’abbigliamento, e dal commercio all’ingrosso. Nella regione Veneta si ha una maggiore concentrazione di industrie nel settore del confezionamento del vestiario e della pelle, seguiti dal commercio al dettaglio e dai ristoranti. Secondo i dati del 2008. Dalla locale camera di commercio (CCIAA) di tv ho riscontrato che queste attività, precedentemente elencate, valgono per l’intera provincia di Treviso. Le società create dai cinesi sono prevalentemente a livello individuale, seguono le società di persone. Molto poche sono le società di capitali. Nella provincia troviamo una maggiore concentrazione di queste aziende nell’area della castellana e montebellunese, dove sono inseriti come subfornitori nelle economie di distretto.

Il quadro che emerge dai dati di Veneto Lavoro sui lavoratori dipendenti esordienti cinesi nel Veneto nel 2007, si vede che i lavoratori dipendenti cinesi, come forse ci si poteva aspettare, sono prevalentemente presenti nel settore manifatturiero della moda e, a distanza, in quello dei servizi alla persona, per lo più in ristoranti e bar. Tuttavia, se è vero che i cinesi lavorano per datori di lavoro connazionali in una percentuale nettamente superiore ai loro colleghi stranieri di altra nazionalità, è anche vero che un numero crescente (pari a circa la metà) degli esordienti cinesi lavora per datori di lavoro italiani, sfatando il mito che i cinesi lavorano solo per i cinesi. In media vi sono più neoassunti uomini che donne. La maggior parte degli esordienti cinesi è stato assunto con una qualifica di operai specializzati, ma sono per contro poco inseriti nelle qualifiche delle professioni intellettive e tecniche amministrative. Gli orari contrattuali di lavoro sono per la maggior parte in full-time, anche se c’è un elevato numero di cittadini cinesi che lavorano a part–time di meno 20 ore. A tale proposito va detto che di fatto ne lavorano di più, ma che cercano la regolarizzazione in part-time per il fatto che spesso i datori di lavoro cinesi impongono ai dipendenti di pagare di tasca loro i contributi.

Venendo invece all’analisi degli articoli apparsi sulla stampa quotidiana locale e nazionale e riferiti al caso della presenza cinese ad Altivole, devo dire che ho riscontrato una notevole mancanza di informazione da parte dei giornalisti e anche un uso frequente di espressioni discriminanti e devo dire che a questo giudizio non si sottrae neppure l’articolo dell’ormai famoso G. A. Stella. Si va dal definire Altivole una Chinatown, mentre l’espressione è fuorviante perché di fatto in nessuna parte d’Italia i cinesi hanno stabilito delle vere e proprie Chinatown, a parlare insistentemente di “invasione” cinese o a instillare il dubbio sull’origine del denaro cinese di cui si insinua che potrebbe essere frutto di una supposta mafia cinese – la cui presenza in Italia è sta negata da tutti gli studiosi più seri che si sono occupati del fenomeno; infine non sono mancati cenni al fatto che i “I cinesi non muoiono mai” (libro di Staglianò), mentre i cinesi mostrano in Italia tassi di mortalità del tutto analoghi a quelli delle altre nazionalità di immigrati.

Dalle interviste ai testimoni privilegiati italiani, in particolare agli amministratori pubblici e al consulente del lavoro emerge che i maggiori problemi sorgono nella gestione degli immobili, perché loro li utilizzano sia come laboratorio per lavorare e nello stesso tempo vi dormono. Così facendo si creano problemi a livello igienico sanitario, con l’emanazione di cattivi odori difficili da sopportare dalla popolazione autoctona, come per es. l’essicazione del pesce luna mentre si lavora, o odori di fritture. Per i luoghi di lavoro invece si assiste che la maggior parte di loro non rispetta le norme sulla sicurezza e igienico sanitarie. Si evidenzia dal fatto che dopo eventuali ispezioni, loro o chiudono o si mettono a norma.

Per quanto riguarda infine gli intervistati cinesi, molti di loro appartengono alla seconda generazione, quindi non hanno avuto difficoltà a passare le frontiere italiane, e hanno ottenuto con facilità il permesso di soggiorno. hanno ricevuto dei prestiti dai parenti per venire qui in Italia. hanno un età compresa tra i 20 e i 44 anni sono 4 lavoratrici e 2 lavoratori, provengono dallo Zhejiang, Fujian. molti dei lavoratori preferiscono lavorare a pochi chilometri da casa. Per due dei lavoratori intervistati hanno dei figli e quindi una preferisce portarli al lavoro con lei e il signore li lascia a casa da soli.

Molti degli intervistati hanno uno o più fratelli, segno che la legge cinese del figlio unico non viene esportata in territorio di emigrazione.

Tutti si sono rivolti alle istituzioni italiane per motivi di documenti o per informazioni. Le aspettative future invece sono quelle di poter diventare lavoratori autonomi o per alcuni, acquisire la cittadinanza italiana.

Per quanto riguarda i 3 imprenditori da me intervistati (1 donna e 2 uomini) e provengono sa zhejiang. Non hanno iniziato subito a fare gli imprenditori ma hanno svolto altri lavori, come cucitrice, lavoravano in una fabbrica di scarpe, o lavoravano in ristorante. Tutti hanno da poco aperto un’attività e si sono consultati tramite associazioni di categoria, camera di commercio e da esperti nei vari settori italiani e cinesi.

Per ora solo la donna ha 3 dipendenti cinesi, al quale deve garantire vitto e alloggio. Per gli altri al momento non vogliono assumere. Per il proprietario del bar, ha messo in luce che , se dovesse assumere preferirebbe un ‘italiano.

Per quanto riguarda i soldi, anche per loro vale la stessa questione dei lavoratori dipendenti, si fanno prestare i soldi dai parenti e poi appena l’attività inizia a guadagnare, si restituisce il debito, ma molti di loro continuano a investire ancora nel’attività. Ma non solo, alcuni pensano di investire i soldi in altri settori, tutto dipende se c’è il business e l’occasione. Per alcuni di loro la concorrenza non si fa sentire, per coloro che hanno un bar. Per il proprietario di un laboratorio invece la concorrenza italiana la sente di più rispetto a quella cinese.

La difficoltà linguistica è una delle maggiori difficoltà, oltre ai lunghi orari di lavoro e l’attitudine al risparmio dei cinesi, causando la riduzione della socialità.